John Mather, il cosmologo
John Mather è un cosmologo, ovvero un astrofisico che studia i misteri fondamentali dell’universo: Come si è formato? Perché continua ad espandersi? Finirà mai la sua corsa?
Ormai ha 77 anni, ma non è ancora andato in pensione: la sua pagina LinkedIn riporta che lavora al NASA Goddard Space Flight Center da 48 anni e 7 mesi! In questa lunghissima carriera, Mather ha accumulato una caterva di riconoscimenti, incluso il Premio Nobel per la Fisica nel 2006 insieme al collega George Smoot. I due hanno apportato un contributo fondamentale alla realizzazione della missione COBE, un satellite andato in orbita alla fine degli anni ‘80 che è riuscito a misurare con una precisione senza precedenti la radiazione di fondo cosmico nelle frequenze delle microonde, che in inglese si chiama cosmic microwave background e da cui nacque la sigla COsmic Background Explorer (COBE appunto). Senza scendere nei dettagli dirò solo che:
- si tratta proprio delle stesse radiazioni a microonde (lunghezza d’onda attorno al millimetro) che cuociono i pop-corn nell’omonimo fornetto che abbiamo quasi tutti in cucina,
- queste però si sono originate 14 miliardi di anni fa (anno più, anno meno) al “centro” dell’universo, in concomitanza col Big Bang; possiamo in un certo senso immaginarci queste onde elettromagnetiche come un “eco” dell’esplosione che ha dato inizio all’universo.
John Mather, lo studente universitario
Tutto questo suona molto affascinante e sicuramente meritevole di Nobel, visto che i dati raccolti da COBE (e in seguito da altri satelliti ancora più sofisticati) sono la prova più solida della teoria del Big Bang. Però non so quanti di noi, avessimo letto la tesi di dottorato del giovane Mather nel 1974, avremmo scommesso sul suo futuro successo. OK, ad essere onesto non so quanti di noi avrebbero letto una tesi di dottorato in Fisica, per giunta dal poco accattivante titolo Far Infrared Spectrometry of the Cosmic Background Radiation. Ma immaginiamo di essere negli anni ‘70, in vacanza in una località remota senza edicole o librerie (e senza WiFi, ovviamente) in un albergo che mette a disposizione soltanto la collezione completa delle tesi di laurea dell’Università di Berkley. Peschiamo a caso quella di John Mather e iniziamo a leggere l’abstract:
I describe two experiments to measure the cosmic background radiation near 1 mm wavelength. The first was a ground-based search for spectral lines, made with a Fabry-Perot interferometer and an InSb detector. The second is a measurement of the spectrum from 3 to 18 cm, made with a balloon-borne Fourier transform spectrometer.
[In questa tesi] descrivo due esperimenti per misurare la radiazione di fondo cosmico attorno alla lunghezza d'onda di 1mm. Il primo è stato una ricerca di righe spettrali condotta da terra, con un interferometro Fabry-Perot e un rivelatore a antimoniuro di indio (InSb). Il secondo [esperimento] è la misurazione dello spettro da 3 a 18 cm [di lunghezza d'onda], fatta con uno spettrometro a trasformata di Fourier montato di pallone.John Mather
Dei due apparati sperimentali, il secondo è decisamente il più importante. Si tratta di agganciare la strumentazione spettroscopica ad un pallone aerostatico (tipo quei palloni-sonda usati dai metereologi) ed effettuare le misurazioni ad alta quota, dove l’aria è più rarefatta. Il primo esperimento, fatto a terra, risente invece degli effetti dell’atmosfera e può fornire dati assai meno precisi: non è un caso che la descrizione di questa parte del progetto di ricerca occupa solo 40 pagine della tesi, rispetto alle oltre 140 dedicate al pallone aerostatico. E com’è andato questo secondo esperimento?
C'è ancora tanto da imparare
Continuando a leggere l’abstract della tesi scopriamo che
The first experiment was successfully completed but the second suffered equipment malfunction on its first flight.
Il primo esperimento è stato completato con successo ma il secondo ha sofferto di un malfunzionamento dell'equipaggiamento al suo primo decollo.John Mather
Risultato? Failure, fallimento al primo tentativo. Come descritto più avanti nella pubblicazione, il pallone-sonda ebbe almeno due problemi tecnici (se non addirittura tre) e vari errori procedurali che si sono rivelati “fatali” per l’esperimento. Non esattamente la situazione ideale per un dottorando che deve completare la sua tesi! Oltretutto non si trattò di imprevisti sfortunati, ma di malfunzionamenti che avrebbero potuto essere evitati con una più attenta progettazione. D’altra parte bisogna anche concedere che sia quel brillante studente di Berkeley sia il suo relatore di tesi non avevano mai realizzato un pallone-sonda prima di allora… un fallimento forse annunciato quindi dalla mancanza di esperienza, ma che non ha demoralizzato lo studente Mathers dal proseguire lungo quella strada. Strada che dai palloni-sonda è poi salita ancora più in alto con le misurazioni da satellite, con COBE appunto.
Scrive il vincitore del premio Nobel ricordando l’accaduto:
What did I learn from this? Number one, if you don’t test the equipment, it probably will not work. I think you should behave as though there’s no chance of success if there’s no test. Nature knows when you’re trying to cheat her.
Cosa imparai da ciò? Per prima cosa, se non verifichi l'equipaggiamento, esso probabilmente non funzionerà. Penso che uno dovrebbe comportarsi come se non ci fossero possibilità di successo se non sono stati fatti dei test. La Natura sa quando stai cercando di imbrogliarla.John Mather
Una lezione importante (come tutte quelle che apprendiamo dai nostri errori) che lo ha aiutato a diventare uno dei project manager più importanti nella storia della NASA. Prima di lanciare qualcosa nello spazio, bisogna testare accuratamente ogni suo componente. Altrimenti si può dare per scontato che la missione fallirà.
Come applicare la stessa lezione nel campo dell’orientamento scolastico?
Mathers e i suoi collaboratori possono riprodurre le condizioni di volo in laboratorio, verificando se i dispositivi funzionano come previsto. E’ molto più difficile invece testare un progetto di vita prima di averlo intrapreso: posso prevedere come mi comporterò nel ruolo di studente universitario? Quali potrebbero essere i “malfunzionamenti” durante la mia carriera?
Chiaramente come esseri umani siamo un po’ più complicati degli spettrometri a trasformata di Fourier (che pure loro non sono banali) e non esiste un laboratorio attrezzato per rispondere a queste domande. Ci sono però situazioni che ci permettono di ricreare – almeno in prima approssimazione – le condizioni accademiche che incontreremo in futuro: penso soprattutto alle lezioni universitarie aperte agli studenti di scuola secondaria, organizzate in molti atenei (vedi il link qui sotto all’articolo dedicato). A volte però questi eventi studiati apposta per l’orientamento in entrata non rappresentano la tipica lezione accademica: per catturare l’attenzione dei giovani visitatori vengono scelti argomenti particolarmente interessanti e il/la professore/ssa dedica più tempo del normale a pianificare una didattica accattivante. I corsi universitari sono comunque pubblici, e nulla vieta a uno studente delle superiori di prendere posto in aula e “testare” come se la caverebbe a seguire una lezione vere e propria, sia essa di Veterinaria, Psicologia, o al dipartimento di Matematica o di Studi Storici.